Il patrimonio storico e artistico del territorio di Alessandria è un
patrimonio martoriato, ma ricco della compenetrazione tra storia e
paesaggio che ha creato un’identità di insieme poetica e meravigliosa.
Serve alla cittadinanza contemporanea la possibilità di sentirsi parte
di questa identità, percorrendo e vivendo le strade e i luoghi di ogni
giorno con una nuova consapevolezza del loro valore storico e
artistico.
Nel pensare un percorso della Alessandria medievale è necessario tenere conto di una serie di problematiche che hanno coinvolto il patrimonio storico e artistico della città. Intorno alla metà del Trecento, nella sola città di Alessandria esistevano, oltre alla cattedrale, una ventina di chiese e ben sei monasteri le cui struttura e decorazione sono stati perduti in modo spesso definitivo.
Evidente è la difficoltà di rintracciare le testimonianze artistiche medievali locali, tanto di ambito pittorico quanto architettonico, dovuto principalmente alla perdita o alla ricostruzione degli edifici originali che ospitavano cicli pittorici e alla pessima conservazione che ha severamente compromesso molti dei lacerti sopravvissuti al corso dei secoli. Alessandria presenta un tessuto medievale rimasto celato, a lungo, sotto le spoglie, ben più evidenti e ingombranti Sette-Ottocentesche, che non hanno permesso di attribuire alla città alcuna importanza storica e artistica.
La distruzione degli edifici conventuali che si innescò con la fase napoleonica fu gravissima e, in certi casi, definitiva; nella città, dopo che fu rasa al suolo l’antica cattedrale romanico-gotica di San Pietro, costruita tra il 1170 e il 1297, venne scelta, per l’edificazione del nuovo Duomo, l’area su cui insisteva la chiesa domenicana di San Marco, anch’essa Duecentesca, che fu a sua volta demolita; contemporaneamente il complesso conventuale di San Francesco (terminato intorno all’anno 1314) fu destinato a caserma di cavalleria, così che in pochi anni si persero tre irripetibili testimonianze artistiche. Al di là delle ingenti perdite vi è una seconda difficoltà da affrontare costituita dalla disomogeneità culturale del territorio che, nel basso Medioevo, non riconosceva Alessandria come unico centro di riferimento; così come si consideri il fatto che quest’area era attraversata da vie di traffico di primaria importanza che legavano Genova alla Lombardia, e quindi all’area germanica, e l’Italia centrale a Oltralpe, generando sul territorio un quadro di grande complessità culturale.
Non si tratta, qui, di un discorso mirato ad esaltare la qualità di grandi capolavori di cui tali frammenti sono ciò che li rappresenta, quanto la necessità di ricostruire un contesto e tessuto storico e culturale, degna testimonianza delle radici della città. Se, quindi, non vi sono grandi monumenti su cui concentrare le attività di valorizzazione, un passo fondamentale potrebbe essere costituito dalla ricomposizione del tessuto medievale della città, riportando alla luce e indicando al pubblico i suoi frammenti nascosti.
Nel pensare un percorso della Alessandria medievale è necessario tenere conto di una serie di problematiche che hanno coinvolto il patrimonio storico e artistico della città. Intorno alla metà del Trecento, nella sola città di Alessandria esistevano, oltre alla cattedrale, una ventina di chiese e ben sei monasteri le cui struttura e decorazione sono stati perduti in modo spesso definitivo.
Evidente è la difficoltà di rintracciare le testimonianze artistiche medievali locali, tanto di ambito pittorico quanto architettonico, dovuto principalmente alla perdita o alla ricostruzione degli edifici originali che ospitavano cicli pittorici e alla pessima conservazione che ha severamente compromesso molti dei lacerti sopravvissuti al corso dei secoli. Alessandria presenta un tessuto medievale rimasto celato, a lungo, sotto le spoglie, ben più evidenti e ingombranti Sette-Ottocentesche, che non hanno permesso di attribuire alla città alcuna importanza storica e artistica.
La distruzione degli edifici conventuali che si innescò con la fase napoleonica fu gravissima e, in certi casi, definitiva; nella città, dopo che fu rasa al suolo l’antica cattedrale romanico-gotica di San Pietro, costruita tra il 1170 e il 1297, venne scelta, per l’edificazione del nuovo Duomo, l’area su cui insisteva la chiesa domenicana di San Marco, anch’essa Duecentesca, che fu a sua volta demolita; contemporaneamente il complesso conventuale di San Francesco (terminato intorno all’anno 1314) fu destinato a caserma di cavalleria, così che in pochi anni si persero tre irripetibili testimonianze artistiche. Al di là delle ingenti perdite vi è una seconda difficoltà da affrontare costituita dalla disomogeneità culturale del territorio che, nel basso Medioevo, non riconosceva Alessandria come unico centro di riferimento; così come si consideri il fatto che quest’area era attraversata da vie di traffico di primaria importanza che legavano Genova alla Lombardia, e quindi all’area germanica, e l’Italia centrale a Oltralpe, generando sul territorio un quadro di grande complessità culturale.
Non si tratta, qui, di un discorso mirato ad esaltare la qualità di grandi capolavori di cui tali frammenti sono ciò che li rappresenta, quanto la necessità di ricostruire un contesto e tessuto storico e culturale, degna testimonianza delle radici della città. Se, quindi, non vi sono grandi monumenti su cui concentrare le attività di valorizzazione, un passo fondamentale potrebbe essere costituito dalla ricomposizione del tessuto medievale della città, riportando alla luce e indicando al pubblico i suoi frammenti nascosti.
Nel sito diverse sezioni, percorsi, monumenti, memorie per scoprire una città dal passato medievale importante anche se perduto.
Nessun commento:
Posta un commento